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28 Febbraio 2019Call center 3.0
§ La recensione §
Call center. Sembrano una malattia. Un incubo. Piombano nella tua giornata a tutte le ore, giorno, notte, festivi, feriali… Ne siamo continuamente tartassati.
Ma come funziona davvero la vita all’interno di un call center? Quanti hanno lavorato dentro ad una sala comune con diverse postazioni, seduti per ore davanti ad uno schermo, con una cuffia, per essere maltrattati dalla chiamata di turno? Eh si perché la gentilezza dall’altro lato è rarissima. Ormai siamo così pronti, che abbiamo tutti uno scatto alla risposta ignorante e maleducato, senza curarci di chi c’è dall’altra parte.
Non è diversa la situazione nemmeno nell’ufficio di Luisa, Karin Proia, dove c’è Giovanna, Milena Miconi, che la sera di San Silvestro deve chiudere l’ultimo contratto per vincere il bonus produzione. Il call center dove lavorano anche Mario, Luca Capuano, e Filippo, Franco Oppini, è lo specchio di quello che vogliono fare adesso le nuove aziende italiane: scimmiottare i sistemi internazionali, di riferimento in particolare ci sono quelli anglo-americani, con i grandi open space, i bonus produzione, il lavoro dal tempo autogestito, la presenza di tutor, l’utilizzo di terminologie proprie del nuovo marketing platform… Sotto la facciata funzionale, ci sono però quelle sfaccettature umane che caratterizzano tutti gli ambienti lavorativi: i rapporti tra dipendenti.
In Call Center 3.0 sembra di stare dentro una grande famiglia. Sebbene Luisa sia la capa perfetta, che pensa al profitto e utilizza le risorse umane al meglio, gratificandole, nell’ufficio si respira un’atmosfera familiare, a volte goliardica, dove i dipendenti svolgono le loro mansioni tra una risata, una sigaretta e una confidenza. Le storie dei protagonisti sono classiche di tutti i giorni, pure troppo sentite. Così Mario entra in crisi con la moglie Luisa perché vuole accettare la cattedra in filosofia offerta dal provveditorato; Giovanna si prende il riscatto dalla vita con un lavoro in cui crede e un’amicizia trasformata nel tempo; la guardia giurata vuole diventare un cantante e scrive canzoni… Fino a che non arriva la chiamata che sconvolgerà tutti. Attraverso quella telefonata e il repentino cambio di rotta della commedia, porteranno alla luce quelli che sono davvero i drammi di ognuno dei dipendenti.
L’unica pecca che si può fare a Call Center 3.0 è forse la lunghezza dello spettacolo, essendo una commedia, certe scene potrebbero essere anche accorciate ed alleggerite risultando meno pesanti al pubblico. Del resto l’obiettivo primario è quello di far ridere ovviamente – infatti nelle telefonate di apertura dello spettacolo di riconoscono le voci di Maurizio Costanzo e di Pino Insegno – Intento che riesce benissimo a Teresa la donna delle pulizie, Cecilia Taddei, una rumena tutto pepe che fa cadere ai suoi piedi tutti gli uomini che vuole. Insieme a lei, una stupenda Milena Miconi recita alcuni passaggi, come ad esempio le risposte alle telefonate, con veri e propri scioglilingua che impallidiscono.
In realtà tutta la piece ha stralci di divertimento che intrattengono la sala e alleggeriscono il testo, celando un pensiero comune a tutti i personaggi in scena, parafrasando la capa call center, “il mondo fa schifo”. Call Center 3.0 è una commedia divertente, con protagonisti di spessore che sfruttano la loro esperienza per mandare un messaggio importante: i call center gli schiavi del terzo secolo.