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Ginger e Fred, il consumismo, Fellini, tv e pubblicità, che cosa cambia oggi?
Dal 16 al 21 gennaio – Teatro Quirino
Note di Monica Guerritore
L’intento di ogni Autore è quello di mostrare il mondo in un particolare momento, fissare l’attimo, mettere in scena quell’attimo per poterne bene vedere gli effetti. Cosa accade? Perché accade? Rifletterci su e forse provare a deviare il corso della Storia. Con Ginger & Fred la storia ha già deviato.
Pasolini aveva preconizzato il cortocircuito che sarebbe venuto dall’avvento del consumismo che trasformava la natura del popolo: da contadino che cura la terra a operaio nelle fabbriche, da operaio a piccolo borghese. Tutto troppo celermente, cosi come il consumismo impone. E il popolo, impossibilitato ad adattarsi in così poco tempo ad un nuovo ‘sé’ si riflette e adotta quello proposto dalla macchina pubblicitaria: edonismo, desiderio di possesso, apparenza, cedendo all’omologazione che rende gli uomini, ora spaesati, meno soli. A mandare avanti il commercio, il prodotto è la macchina pubblicitaria, il mondo della televisione lo capisce e cambia il suo paradigma: la pubblicità ora prevale sul contenuto. E detta le regole diventando sempre più aggressiva, chiedendo aggressività al contenuto che la ospita.
Ma Fellini nel 1985 intuisce pericoli ancora più gravi: l’inserimento della pubblicità all’interno di un film, di un’opera artistica. Il messaggio pubblicitario senza distanziazione critica diventa più attrattivo, ingannevole finendo per penetrare più a fondo nell’immaginario dello spettatore. La pubblicità viene accettata non solo come strumento di informazione commerciale, ma anche come elemento spettacolare del vivere quotidiano. Ed è l’interruzione di un momento di grazia, come un continuo singulto che spezza il fiato, la capacità di lasciarsi andare al linguaggio sensibile di un’opera artistica.
La battaglia che Fellini porta avanti con il famoso slogan “Non si interrompe così un’emozione” va oltre l’interruzione di un racconto che è un’opera finita e per questo intoccabile, ma mette l’accento anche e soprattutto sulla particolare predisposizione e sullo stato d’animo dello spettatore che, fragile, catturato dalla visione di una trama, di un racconto, apre le porte in maniera acritica al prodotto pubblicizzato, trasformandosi da spettatore in consumatore.
Scriveva Walter Benjamin: “C’era una volta l’Aura, l’Unicità, l’Incanto / Oggi c’è lo shock, l’urto, l’impressione”. E proprio la potenza della pubblicità come volano economico nella società dei consumi, la rende sempre più pervasiva, fino quasi a combaciare con il contenitore che la ospita. Che diventa esso stesso un martellamento ininterrotto di immagini senza imbarazzi o pudori, gallerie di personaggi mostruosi o ridicoli, messaggi gridati, musiche assordanti, atteggiamenti sessuali esibiti.
Nella mia scrittura scenica, a far parte di uno di questo contenitore/show viene chiamato un piccolo gruppo di 10 personaggi tra i quali Amelia Bonetti e Pippo Botticella in arte Ginger & Fred. Ex ballerini, un tempo famosi arrivano nel buio scaricati da un pulmino davanti all’albergo che ospita i partecipanti e a cui è andata via la luce, inseriti erroneamente nel gruppo dei sosia. Dal fondo, illuminato dalla fioca luce di una torcia che illumina l’ingresso dell’hotel, si distingue una sagoma: “Chi siete?” chiede Fiorenzo, l’ispettore di studio. E il gruppetto, che si tiene stretto uno all’altro in quello spazio deserto e buio, risponde: “Siamo quelli che aspettavate… Siamo i sosia”. È l’inizio del loro viaggio, che ricorda l’ingresso misterioso dei Personaggi di Pirandello: “Chi siete?” chiede il Regista. “Siamo qui in cerca di un Autore”. Anche i nostri protagonisti entrano in un luogo sconosciuto al buio, euforici e timorosi allo stesso tempo, per chiedere di essere rappresentati, per chiedere di essere.
Ginger & Fred, Amelia e Pippo non sono sosia, sono lì per ballare, fare quello che hanno fatto e bene nel loro momento di fulgore, quando erano giovani e forse si amavano. Parlano una lingua incomprensibile e fanno richieste ritenute bizzarre: chiedono tempo per le prove, tempo per parlare con il regista, tempo per capire e abituarsi allo spazio, tempo per vincere la paura del ritorno… Non possono sapere che sono solo elementi interscambiabili di un ingranaggio industriale, materiale di varia umanità che serve solo per riempire i buchi tra una pubblicità e l’altra. Ma loro, Pippo, Amelia, i sosia, prendono invece corpo nelle ore dell’attesa. A manifestarsi è la natura calda, concreta dei rapporti tra gli uomini che si crea nell’astrazione in cui sono situati. Non ci sono buoni e cattivi, in scena sono visibili due gruppi. Pippo e Amelia raccontano gli estranei, i portatori di una grazia, di un talento che per realizzare l’esibizione perfetta necessita di tempo, ma sono anche loro di seconda mano. Ballano sui passi di altri artisti: Ginger Rogers e Fred Astaire. E con loro un caravanserraglio di vite stranite e esseri caratteriali e imperiosi che si rispecchia per slogan nel mondo che anima le emittenti tv e ne diventa sosia.
Specchio di una società che davanti al miraggio di una apparizione televisiva diventa irriconoscibile: parole, gesti, atteggiamenti, volgarità, follia. L’apparizione del Presidente della tv privata, che entra in scena a mo’ di ballerino galante per accennare un tip tap con Amelia, rianima la donna dopo che, ferita dalla goliardia di Pippo che in quell’ambiente libertino ha ritrovato ardori giovanili, voleva abbandonare l’impresa.
Ed ecco lo Show! Dopo sketch, numeri improbabili e jingle pubblicitari di dubbio gusto Ginger & Fred sono in scena davanti a un pubblico reale continuamente sollecitato alla risata e all’applauso dall’ispettore di studio, ad uso e consumo della registrazione televisiva. Popolo eterodiretto, tra l’irretito e l’indecifrabile. Parte la musica di Cheek to cheek ma salta immediatamente la luce nello studio, il loro numero così atteso si interrompe e i due restano soli al buio. Ancora una volta il mondo del sogno è avvolto dall’assenza di luce e qui Fellini depone le armi della finzione e entra in scena. Li mette uno accanto all’altro e fa dire a Fred quello che Fellini vuole realmente dire al pubblico “Siamo due fantasmi che vengono dal buio e nel buio se ne vanno…”. Il loro mondo non c’è più. Ecco… È nell’osservazione di questo piccolo popolo, nella comprensione, nella partecipazione alle loro vite disvelate durante le ore di attesa, nella loro umanizzazione prima di essere usati come ‘caricature’ e spediti al massacro, che emerge la pietas che spinge Fellini a scrivere e dirigere Ginger & Fred. Il mondo di Fellini è illusione e suggestione. La scena non descrive ma allude, indica uno spazio ‘altro’: le luci di una festa finita da tempo, le insegne di una discoteca riminese, l’Eden Rock, la sala trucco dove sull’altalena di Giulietta degli Spiriti c’è la Carrà al posto della Milo. È quello il mondo che accoglie Ginger & Fred. E che ne racconta la fine.
Si separeranno ancora Ginger & Fred. Marcello Mastroianni alla fine delle riprese del film si rivolse a Giulietta Masina commosso e chiese: “Perché Ginger e Fred non possono restare insieme?” e Masina rispose: “Non lo so. Federico ha voluto così” (Mino Guerrini). Ed è così che si lasceranno Pippo e Amelia nel mio spettacolo. Fellini ha voluto così.
Ginger e Fred
di Federico Fellini, Tonino Guerra, Tullio Pinelli
adattamento e regia Monica Guerritore
con Monica Guerritore e Massimiliano Vado
e con (in o. a.) Alessandro Di Somma, Nicolò Giacalone, Francesco Godina, Diego Migeni, Lucilla Mininno, Valentina Morini, Claudio Vanni, Mara Gentile
scenografia Maria Grazia Iovine
costumi Walter Azzini
coreografie Alberto Canestro
light design Pietro Sperduti
direttore allestimento Andrea Sorbera
una coproduzione Teatro della Toscana
Accademia Perduta/Romagna Teatri
Società per Attori
Teatro Quirino
via delle vergini, angolo via Minghetti
+39.06.67.94.585
biglietteria dal martedì al sabato 11:00/18:00 – domenica 12:00/18:00
lunedì riposo settimanale