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12 Febbraio 2021Tik tok e la responsabilità minorile
Di chi sono le responsabilità delle tragedie che coinvolgono i minori?
Antonella ha 10 anni. È una bambina ubbidiente, solare, non crea problemi alla famiglia. Da grande vuole fare l’estetista e spesso ruba il telefono alla madre per usare Tik Tok e fare dei video tutorial di acconciature e trucchi.
Una sera si chiude in bagno per fare la doccia. La sorellina non l’accompagna, prima stranezza visto che di solito è sempre con lei. Prima di chiudere la porta chiede la cintura al padre, seconda stranezza. Cosa ci dovrebbe fare una ragazzina di 10 anni con la cinta del padre? Nessun controllo. Nessun sospetto.
Antonella muore per la blackout challenge, in italiano volgarmente detto: “il gioco dell’asfissia”. Un gioco che, suo malgrado, ha regalato alla decenne palermitana la popolarità sul social di punta in quest’ultimo periodo.
Lo sgomento di una società, il dolore di una famiglia, l’incredulità di due genitori che non sanno spiegarsi come sia potuta accadere una cosa simile alla propria figlia.
Mentre si sotterra una piccola bara bianca, l’ennesima a causa dei giochi pericolosi sui social, lo Stato italiano si muove e il Garante della Privacy blocca l’app per i minori di 15 anni. Loro una mossa l’hanno fatta.
Ma a chi va attribuita la reale responsabilità di un gesto simile? Sembra di essere tornati ai tempi della Blue Whale, la Challenge della Balena Blu, iniziata in Russia nel 2017 che portava i giovani al suicidio. Quando accadono queste tragedie viene sempre da porsi la domanda: di chi è la colpa? Dei genitori che non controllano? Degli amici che influenzano i propri coetanei? Sicuramente una falla grande sta nel processo educativo di un individuo.
L’educazione di un soggetto inizia tra le mura domestiche, ma si allarga nel momento in cui viene a contatto con la realtà scolastica. Lì i genitori perdono per la prima volta il totale controllo sui propri figli e si ritrovano a dover fare fronte comune con la scuola. L’organo d’istruzione diventa responsabile al 50% dell’educazione di un futuro adulto. Com’è possibile che nel 2021, con una pandemia in corso, quando si sono potenziati addirittura gli strumenti di didattica a distanza e si è raggiunto anche il genitore più in difficoltà, ci sia ancora questo gap educativo? Perché la responsabilità di aggiornare gli insegnanti è lasciata unicamente alle scuole, senza supporto da parte del Ministero dell’Istruzione? Nonostante esistano agenzie di marketing e formatori preparati e competenti, che offrono pacchetti di corsi sul mondo digitale, le scuole sono ancora lontane dall’usufruire di questi servizi.
Ci troviamo troppo spesso di fronte a delle realtà che non sono al passo con i tempi. I docenti, come una vasta moltitudine di impiegati, sono fermi al ‘15/’18. Come mai nessuno si preoccupa del basso grado di preparazione degli educatori? Dopotutto loro sono quelle persone che, tra un’ora di geografia e una di italiano, hanno il compito di aiutare i ragazzi a crescere nella vita reale. Loro dovrebbero supportare i genitori in quelli che sono i pericoli e le insidie che fanno parte della vita, tra i quali rientrano i rischi e le minacce del mondo digitale. Proprio per evitare tragedie come quella della piccola Antonella. La pandemia soprattutto ha evidenziato questo grande problema che accomuna genitori e insegnanti: l’assenza di preparazione sul mondo digitale. Il percorso didattico dovrebbe includere senza tabù quelle sfere che sono la quotidianità: il sesso, la religione (non solo quella cattolica, visto che ormai in Italia non esiste più solo quella), l’informatica e il digitale.
Ma se gli insegnanti sono i primi ignari dei progressi di digitalizzazione internazionale, tanto più che per far utilizzare classroom come strumento per la didattica a distanza durante il lockdown – il servizio web gratuito messo a disposizione da Google per scuole e università che mira alla semplificazione e alla creazione di materiale didattico, assegnazione e valutazione compiti, nonché di videolezioni – si sono dovuti fare dei corsi specifici in tempi stretti, come è possibile che siano in grado di educare un bambino a riconoscere i pericoli del web?
Un insegnante ha il dovere di essere sempre aggiornato e al passo con i tempi. Un insegnante non è da meno di un avvocato, di un medico, di un giornalista, di un informatico, quindi, proprio perché per tutte queste professioni appena elencate viene obbligatoriamente imposto un periodo di formazione continuativo annuale, lo stesso dovrebbe essere anche per gli insegnanti. I professori, docenti e insegnanti dovrebbero uscir fuori dalla mentalità retrograda del posto fisso. È il momento di tornare a porre come obiettivo primario l’amore per l’insegnamento e per gli studenti. Gli educatori dovrebbero essere sempre pronti e aggiornati su tutto ciò che ruota intorno all’educazione e alla formazione di un giovane studente. I presidi e il ministero prendano atto dell’urgenza che si sviluppa sempre più velocemente, si adoperino ad inserire negli istituti, una classe docenti degna di adempiere al proprio compito di educatori, non solo per le materie ordinarie, ma soprattutto per preparare i ragazzi ai pericoli della vita, tra cui quelli del mondo digitale. In più il Ministero dell’Istruzione, investa sul materiale didattico per dare supporto tecnico agli insegnanti, un modo per invogliarli a navigare insieme ai propri studenti. I genitori si mettano una mano sulla coscienza e facciano un percorso parallelo, per essere pronti sui reali pericoli in cui i propri figli possono incappare. Perché oggi la droga non è l’unico nemico, e loro hanno il compito e la responsabilità di tenere gli occhi aperti sui propri figli.
La vicenda della piccola Antonella ha evidenziato come in un mondo dove non si fa altro che correre, dove gli adulti devono concentrare energie mentali e fisiche non solo verso il nucleo famigliare ma anche verso il lavoro e il mondo che li circonda, ancora una volta i genitori, da soli, non riescono a controllare i propri figli. C’è bisogno di coniugare le loro forze con la scuola e con gli educatori al loro interno. Ma per fare tutto ciò, entrambi i mondi sono ancora troppo indietro rispetto ai tempi che corrono e hanno bisogno di un’accelerata per stare appresso alle nuove generazioni.
1 Comment
Da mamma penso spesso a quanto io mi stia impegnando per educare mia figlia e poi mi dovrò ritrovare a fare i conti con la scuola, sempre più indietro, sempre più “pericolosa”, proprio perché molti ragazzi si diseducano invece che il contrario. Hai proprio ragione, bisognerebbe investire nell’istruzione, soprattutto in Italia, dove tanti insegnanti si ritrovano a combattere con i loro colleghi e sono abbandonati a loro stessi, ripercuotendosi questo sui ragazzi.