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e i delitti di Jack lo squartatore
La recensione
Sherlock Holmes, il detective più scrupoloso e famoso del mondo, arriva al teatro Sala Umberto di Roma.Â
L’idea di coniugare la storia di Jack lo Squartatore, che gettò il quartiere londinese di Whitechapel nel terrore più assoluto nel 1888, con il famoso detective è geniale per tenere alta l’attenzione del pubblico. In effetti la figura di Sherlock nasce proprio nel 1888, dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle. Lo scrittore fu chiamato più volte a Scotland Yard per offrire la sua consulenza a proposito degli efferati delitti che in quegli stessi anni coinvolgevano la Londra Vittoriana. Nascono così i racconti del detective più in gamba del mondo, che a distanza di ben 132 anni fa ancora parlare di sé – complici anche la televisione con le serie tv nate da negli ultimi anni, e il panorama cinematografico che spesso attinge alla figura di Sherlock per pellicole, la più famosa quella con Jude Law e Robert Downey Jr.
Al Sala Umberto, con la regia di Ricard Reguant, la storia di Sherlock è vissuta con attenzione dal pubblico della prima. Ma questo Sherlock ha bisogno di rodaggio. Giorgio Luparo e Francesco Bonomo sono i personaggi principali: Sherlock Holmes e John H. Watson. La coppia di investigatori corretta e presente, con due attori bravissimi ed esperti per ruoli simili, ma sarebbe stata gradita una caratterizzazione diversa dei protagonisti dello spettacolo. Sicuramente si apprezzerebbe maggiormente uno Sherlock più altalenante e con maggiore brio, incline alla follia da un lato ma freddo attento e calcolatore dall’altro. Watson è un uomo brillante, elegante, il classico british-man dentro e fuori, sarebbe stato bello vederlo più così e meno “macchietta”, anche perché tendono a sminuire l’importanza di un personaggio potente come lui. Luparo difende così le idee di questa piece: «Non è l’adattamento del romanzo di Doyle, ma una storia inventata, scritta per il teatro da Helen Salfas, e tuttavia fedele all’iconografia classica dell’autore. Per questo sono state rispettate le caratteristiche del protagonista e di ognuno dei personaggi che vi gravitano». Rocìo Munoz Morales è indubbiamente un’affascinante Irene Adler. Sinuosa, affascinante, incarna tutto quello che può essere l’eleganza di una donna furba e in gamba. Il problema sono un pò i costumi che le hanno cucito addosso, uno in particolare che viene mostrato nel secondo atto (sembra troppo da soubrette rispetto a una dama di fine ottocento), e le scene di difesa personale che andrebbero migliorate dal punto di vista della fluidità dei movimenti.
Di grande effetto è la scenografia che, unita agli oggetti di scena e a dei costumi accurati e minuziosamente dettagliati, portano con grande facilità nell’atmosfera londinese di fine ottocento. Tutta la serie di indizi che Sherlock trova e utilizza per portare a galla la verità sono realizzati e utilizzati in maniera strabiliante, lasciando piacevolmente colpito lo spettatore. In particolar modo i disegni delle prostitute uccise.
Questa rivisitazione di Sherlock Holmes e i delitti di Jack lo Squartatore è uno spettacolo che può piacere agli appassionati di letteratura inglese, ma sarebbe un grave errore essere convinti di andare a vedere una trasposizione teatrale delle pellicole cinematografiche. La regia di Reguant, che in Spagna sta riscuotendo un grande successo, è molto attenta e precisa in certe situazioni, peccato per quelle piccole imprecisioni che fanno storcere il naso.