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26 Luglio 2019Oltre il velo di Maya
La OnRec lavora al nuovo progetto e non solo!
Li avevamo lasciati a parlare di un amore, correndo sul filo dell’avverbio SEMPRE. La OnRec Produzioni oggi lavora ad un nuovo cortometraggio, interessante e curioso: Oltre il velo di Maya
«Perché non giriamo un soggetto su una pazza?» Chiede un giorno Gabriele Davì a Cristina Campagna. Quella domanda è stata determinante per la costruzione del nuovo progetto della OnRec Produzioni. Archiviato il cortometraggio di “Le cose che non ti ho detto mai“, il team adesso lavora sulla concezione di realtà partendo da Schopenhauer, una filosofia basata sul velo di ciò che effettivamente a parte della nostra realtà e cosa no. «A quel punto ho pensato ad una frase di Hemingway riferita al velo di Maya – racconta Cristina – “sei sicuro tu sognatore che il velo di Maya sia relatà o illusione?” Da lì è stato un effetto domino di pensieri e confronti con Gabriele e parlando con Gabriele – Davì, l’ultimo componente del trio OnRec – di quello che poteva essere la realtà, la nostra vita reale e quello che noi viviamo all’interno di una giornata. Il pensiero è corso al teatro pirandelliano e al fatto che ci sono “uno nessuno e centomila”. Cioè tutto quello che concerne le maschere che dobbiamo indossare per vivere anche una realtà, al cielo strappato nel teatrino della vita, quando ti rendi conto che quello che stai vivendo può essere l’illusione di una cosa. Come se tu fossi messo in scena per qualche motivo ma in realtà non sei il vero protagonista perché stai facendo quel qualcosa che è lontano da ciò che tu sei.»
Il flusso dei pensieri è una corsa veloce che va dalla fine del 1780, al 1890, fino ad approdare alla letteratura contemporanea e ad creare confronti con quello che è la società oggi. «Pensa alla realtà che magari vivono quegli artisti – analizza Cristina – che poi decidono di uccidersi perché prigionieri di qualcosa che loro vivono in maniera sbagliata per gli stimoli che hanno all’interno del loro circolo, del loro entourage, e poi anche dagli stimoli esterni. Poi la cosa che mi manda fuori di testa sono le chiacchiere da popolino. “ma si è ammazzato ma aveva tutto” Ma tu che ne sai? Se davvero aveva tutto.» «Elettra Lamborghini, – porta come esempio Gabriele – è una donna che si trova in un contesto che non fa parte della sua linea mentale. In in realtà vorrebbe una famiglia unita, molto più normale con marito e figli, ma non potrà mai averla perché tutte le persone che l’avvicineranno avranno sempre un interesse o comunque quello è il rischio. Ma quanti sanno questa cosa?»
È da queste riflessioni che nasce Oltre il velo di Maya. Per il cortometraggio esistono 7 Maya, 5 adulte e 2 bambine e ci sarà questo percorso della protagonista che legherà tutte con un unico filo conduttore «che non sveliamo perché lo dovete scoprire e sono legate perché verrà detto poi usando la frase di Hemingway “ma è realtà o illusione?”. Le nostre brave Maya sono ognuna diversa dall’altra. Ci sono molti volti diversi, come le maschere, e sono scelte appositamente perché nessuna ha un richiamo all’altra. Non ti verrebbe mai in mente di associare chi interpreta Maya a qualcuno. Lo spettatore ha una discrepanza visiva, non una facilità di connessione tra le attrici, ma viene data da un fattore esterno. E c’è un motivo: io penso che tolto il fatto, stiamo creando un richiamo alla vita quotidiana, dove i tuoi amici spesso diventano la tua famiglia ma non hanno il tuo sangue. Lo stesso principio è per noi stessi che molto spesso abbiamo il sangue che dovrebbe circolare nello stesso verso, ma non è così perché cambiamo di continuo, siamo in completo movimento e l’accezione che tendiamo a cambiare e a non scorrere mai nello stesso verso. Io posso avere all’interno di una giornata tante vite e tante situazioni differenti. E guardandomi indietro vedere tante Cristina diverse. Quella più autentica sicuramente ha un richiamo con l’infanzia, per questo ci saranno due bambine all’interno del progetto di Maya.»
Mentre si parla di Oltre il velo di Maya, viene spontaneo ripercorrere indietro i vari lavori della OnRec e chiedere come mai i soggetti sono sempre femmine e mai maschi. «In realtà ci siamo focalizzati da questo punto di vista, sempre per fare un richiamo alla società attuale, a parte che in Sbreghe c’era un poutpurry di generi differenti; per Un battito di ciglia era per un discorso di scelta tecnica è stato tutto ribaltato perché in realtà doveva morire una protagonista, ma per un discorso di vissuto personale ho deciso di interpretare io chi resta. In Le cose che non ti ho detto mai abbiamo voluto raccontare di proposito un amore delicato fra due donne. Abbiamo pensato che una donna e un uomo non avrebbero mai resistito 15 anni e abbiamo deciso di raccontare un amore diverso perché facendoci un giro sui canali diversi di youtube e varie situazioni in realtà non c’è mai niente di molto romantico. In realtà i protagonisti maschili arriveranno dopo. Già con Il principe New Age e Nemesi dove ci sono un misto di personaggi, e abbiamo Il cuore altrove dove i protagonisti saranno esclusivamente uomini. La differenza sta nel fatto che raccontiamo le cose in modo differente. Esistono le diversità, soprattutto quella di genere. Non siamo tutti uguali, ma allo stesso modo ognuno può dare qualcosa di diverso e con la propria sensibilità.» Nel parlare di Maya sono venuti fuori anche i prossimi progetti chiusi nei cassetti della OnRec Produzioni. In attesa di vederli realizzati, non ci resta che aspettare la prima di Oltre il velo di Maya.