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22 Giugno 2020Iman Jane, Mirko Scarcella e il problema delle fonti
Il giornalismo digitale ha fatto morire quello che era il dovere primario di un giornalista?
Iman Jane e Mirko Scarcella hanno evidenziato quello che oggi è diventato il giornalimo: un problema di fonti. Ci si fida delle fonti esterne, di articoli di giornale, di blog – ce ne sono molti scritti anche benissimo – ma il tempo di controllare le notizie non c’è più. Bisogna riversare tutto alla velocità della luce. Perché se sei secondo, non prendi i like e questo non porta pubblicità. Chi ci va di mezzo in questo procedimento, è proprio la verifica delle notizie. È così che il giornalismo digitale ha decretato la morte del dovere primario di un giornalista? SI. La verifica di una fonte oggi, è diventato un problema secondario anche per quelle testate nazionali che si trovano oggi a dover affrontare il grande imbarazzo generato dalla relazioni professionali con i due individui sopra citati.
Mirko Scarcella è stato smascherato da un servizio di Le Iene, le quali hanno evidenziato come il Guru di Instagram, l’onnipotente dei social che ha imbambolato anche i professionisti seduti nelle redazioni di Piazza Pulita e Mattino Cinque – non per fare polemica, ma credo sia doveroso da aggiungere che queste tv non sono proprio il massimo da seguire per fare informazione – , in realtà non fosse proprio ciò che dichiara di essere. Presente in qualsiasi evento che si rispetti, proprietario di Jet, villa a Miami, orologi con diamanti e pigiami da 1000€ è diventato pian piano un grande mentore del social di punta tra i giovani: instagram.
Iman Jane è una bravissima e intraprendente giornalista che ha creato una start up dal nulla di giornalismo on line. Il suo punto di forza? Saper spiegare bene l’economia in 15 secondi. Ma! Piccolo problemino: ha mentito sulla sua laurea, spacciandosi come economista. Il problema primario di Iman Jane è stato quello di aver mentito per riuscire ad arrivare nei salotti di maggior influenza, spesso nei suoi canali social la si vede ai grandi eventi internazionali oppure nelle tavole rotonde con politici di spicco. Nel suo caso il problema non sono le fonti, più che confermate, ma la credibilità di chi le porta. Un altro grave errore per una professionista è professarsi per quello che non è.
Già 15 anni fa, il giornalismo era diverso. Non si stava in un caffè con una tablet o un portatile a fare conference o a postare feed, tweet, stories e pin. Una volta c’era una stanza, diverse scrivanie, l’odore della carta di giornale, le riviste accatastate accanto alle scrivanie – perché sopra non c’è più posto -, un telefono e un pc per ogni postazione, un attaccapanni.
Una volta in una redazione si respirava l’aria del giornalismo. Il sudore della verifica di una fonte, l’adrenalina per l’attesa di pagina dalla tipografia, il silenzio del lavoro, quello duro che non era ticchettare su una tastiera, le voci delle riunioni di redazione. Esistono alcune pellicole che ti fanno ancora assaggiare quello che era una volta il giornalismo. Come ad esempio “Il caso Spotlight”, “Zodiac”, “State of play” e se ne potrebbero snocciolare moltissimi altri. Peccato però che oggi quell’atmosfera sia utopia.
L’avvento di internet, dei social media e soprattutto del videomaking, ha trasformato completamente il concetto di fare giornalismo, facendo sparire quelle che erano una volta le redazioni fisiche e trasformando completamente un mestiere di sudore e fatica che rispondeva ad un solo comando: informare la gente.
Fare giornalismo oggi è diventato una corsa ai numeri, esattamente quello che il mondo social impone. Tutto questo ha portato anche, spesso e volentieri si vede in diversissime inchieste, a dover rispondere a ciò che i social chiedono: l’immagine e l’immediatezza, rispetto alla cura dei contenuti. Ma soprattutto: alla verifica delle fonti. Gli Ordini regionali e quello nazionale sono puntigliosissimi nel far fare ad ogni giornalista, o pubblicista, iscritto all’Albo il corso deontologico ogni anno. Perché è molto importante che si rispetti l’etica professionale. Ma questo fa a cazzotti con quello che oggi il mondo on line richiede. Fare giornalismo oggi è diventato sempre più difficile.
Le testate giornalistiche si affidano a quelli che sono i comunicati stampa, gestiti e redatti da addetti stampa che del mestiere conoscono poco e molto di meno. Che il più delle volte non sanno nemmeno con quale formato si invii un comunicato. Il redattore che esce con l’intento di verificare non esiste più. Il collaboratore esterno che raccoglie dati per conferma. non è più un’usanza. E quindi chi ci va di mezzo in questo settore che sta cedendo sempre più il posto alle blogger e alle influencer? Il cittadino. L’unica vittima di una divulgazione errata di fonti.
1 Comment
Prima secondo me c’era la possibilità di imparare di più “il mestiere” sul campo, adesso son tutti un po’ autoreferenziali, la gente impara “da sola” ma un tempo si osservavano i più grandi, si avevano i mentori. Poi c’era proprio la voglia di fare informazione, di beccare lo scoop VERO a chi arrivava prima, altro che bufale.