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25 Ottobre 2019Strike
La recensione
Strike è uno spettacolo che tutti dovrebbero vedere. C’è tanto da imparare in poco meno di un paio d’ore in compagnia di Gabriele Berti, Giovanni Nasta, Diego Tricarico.
Tre ragazzi uno più diverso dall’altro. Sconosciuti. Mai visti. Il Sert questo posto che dovrebbe essere una riabilitazione e tirare fuori il meglio delle persone, perché si sa che solo quando guardi al meglio, riesci a superare le negatività di un momento brutto. Tutto quello che dal punto di vista ambientale, il Sert non è.
Ma ci sono loro. Questi tre ragazzi, che più diversi non potevano essere, a renderlo un posto interessante.
Così Tiziano, Pietro e Dante si concentrano su di loro. Si conoscono. Parlano, ma soprattutto si ascoltano. Con grande umiltà e pazienza si mettono a disposizione uno con l’altro, tirando fuori tutto quello che hanno di represso dentro di loro, perché il mondo fuori non ascolta più.
Non è un caso che sul palco per questa commedia ci sono tre maschi. Perché con le femmine non discorso del genere non avrebbe mai funzionato. Le dinamiche delle amicizie femminili, l’essere diffidenti e poco inclini al nuovo, non le porta a socializzare con così tanta facilità e morbidezza che invece è caratteristica propria dell’essere maschio.
Vengono fuori in questo modo tre diverse tipologie di personalità che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra, per attitudini e gusti diversi, ma che riescono comunque a trovare un punto di incontro e accendere quella cosa che è la miccia dell’amicizia.
I discorsi sono i soliti. Per prima cosa, si parla di donne. Ognuno dice la sua, senza insultare, senza inveire, con i problemi che tutti ci portiamo dietro, con le isterie e le ansie che appartengono a ognuno di noi. Ma con un rispetto dal gusto particolare.
Strike non è una commedia incentrata sui problemi della dipendenza, che può essere dalle canne, dal gioco d’azzardo, dalla droga e così via. Strike è un coniugato perfetto di ilarità e drammaticità, che incastra in un meccanismo fluido argomenti di vita quotidiana. Filo conduttore è ovviamente l’amicizia che questi ragazzi così diversi costruiscono dal nulla. Per poi attraversare quello che le famiglie vivono a contatto con le dipendenze. Per condire il tutto con leggerezza: dalle donne, alla classica sbandata, dal timore per una laurea che non si sa se arriva, alla perdita di peso.
Sul palco per uno Strike dalla supervisione artistica di Massimiliano Bruno, ci sono tre ragazzi ventenni, artisti giovani che riescono a catturare l’attenzione del pubblico, che lo fanno ridere e anche piangere. Tre ragazzi che attraverso i dialoghi denunciano quello che è il problema più grande di oggi: il non essere ascoltati. Questa scarsa importanza si denuncia anche dalle parole del regista Gianni Corsi: “Una irrilevanza che si può riscontrare anche nelle parole delle canzoni di Cranio Randagio, artista dalla breve ma intensa carriera diventato un cult tra i ventenni di oggi, e nelle musiche di Muninn e dal pezzo finale composto appositamente dai Chazz, trio di rapper romani. Tutto questo in un nuovo allestimento scenografico curato dagli Ambramà e da Lisa De Benedittis, in grado di coniugare lo squallore dell’ambiente rappresentato con una estetica raffinata che lo rende simbolico.”
2 Comments
Tematica interessante. Un po’ come essere tra il pubblico.
Molto! Sono rimasta piacevolmente sorpresa!