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La recensione

Amara – Sara Colangeli
Amara è uno scorcio di tempo dimenticato. Uno spaccato di società che da qualche parte esiste ancora, il racconto di una parte di storia italiana ricordata, probabilmente, solo da bisnonni.
Amara è la storia di Renato e Teresa, di Rosa e Maria, e di un colto viandante di nome Pierpaolo. Su una scenografia suggestiva, il Lucus Feronie, vengono allestiti un palco sul quale si trovano uno stendino dell’epoca – due pali e un filo tirato – una panca, un tavolo e una gabbietta con una gallina, viva. È tutto concentrato in uno spazio ristretto che poi si perde nelle rovine dei resti della colonia romana risalente ai tempi di Giulio Cesare. Lì dove una volta si ritrovavano tre diverse correnti etniche (Sabini, Etruschi e Latini) David Mastinu propone per la prima volta questo testo carico di storia della società italiana. All’apparenza non sembra, ma il linguaggio è ricercato e punta su quello che era una volta la povera Roma, quella dei reduci dai bombardamenti di San Lorenzo, sfollati dagli aiuti degli Alleati che, per sconfiggere l’esercito tedesco, bombardarono senza pietà molte zone di Roma nord ovest e le campagne limitrofi.

Amara – Sara Colangeli
È proprio lì che emerge una fetta di popolazione delusa, povera, ai limiti della resistenza umana. Determinata però a fare i conti con quello che la vita pone davanti, pronta a prendere a testate le giornate con il solo scopo di portare a casa il pane da mettere in tavola. In uno scenario di estrema povertà, dove l’uomo è padrone e la donna è costretta a subire, che Pierpaolo il professore vaga per raccogliere dati al fine di scrivere un libro. “Il proletariato che ha del poetico.” Dice il professore tutto lindo e pinto, l’unico attore vestito di bianco e senza neanche una macchia, dal linguaggio forbito proveniente da un’altra dimensione. Immerso in questo spaccato di miserie dove incontra Teresa, Rosa e Maria. Dagli incontri emerge lo stato delle donne, trattate non solo come schiave ma anche come merce di scambio per pagare buffi di gioco. Mentre la donna è costretta a prostituirsi, l’uomo è padrone di tutto. È pronto a tutto, affamato di tutto soprattutto di soldi, senza diritti nel cuore, privo anche di sentimenti. Vive senza uno scopo preciso, tradito da quello che è Roma, dall’Italia, da quelle istituzioni in cui aveva riposto fiducia, sperando di trovare un mondo migliore con la nascita della costituzione. Sono uomini senza dignità che non sentono nemmeno di appartenere al genere umano.

Amara – Sara Colangeli
La donna però è più forte. Tollera soprusi, violenze fisiche e psichiche, senza diritti né dignità. Ma con la tenacia e la forza d’animo che la contraddistingue da millenni, si risolleva e trova tutte le risorse per modificare lo status momentaneo. Liberandosi dalla schiavitù maschile e guardando al futuro con una fiducia che non si sa ancora da dove viene. Amara è uno spettacolo in cui la differenza di reazione tra maschio e femmina è netta, visibile a occhio nudo, tangibile con mano. Sono le donne che cambiano il destino della propria famiglia, sfuggendo a tutto, anche alla morte, pur di realizzare il sogno di una vita migliore. Perché parafrasando Maria: “C’è qualcosa di più forte della forza… L’intelligenza“.
Il debutto di Amara è iniziato nel peggiore dei modi. I problemi tecnici, avvenuti in un luogo dove l’organizzazione non brilla per prontezza e scaltrezza, hanno portato la compagnia a ritardare la messa in scena di un’ora. Il nervosismo tra il cast e lo staff creativo era palpabile. Ma fortunatamente, tutti i nodi si sono sciolti e lo spettacolo è andato liscio dall’inizio alla fine. Un applauso è sicuramente destinato ad uno staff giovane e brillante, che ha messo in mostra non solo competenza ma anche ricercatezza ed accuratezza nei particolari, curando tutto l’insieme e senza tralasciare nulla. Anche la sigla finale è un tocco di classe, la canzone è infatti “semo gente de borgata” dei Vianella. Un altro applauso è destinato al pubblico, numeroso e attento dall’inizio alla fine, paziente e composto, ha atteso fino all’ultimo la risoluzione dei problemi dando fiducia al regista e a tutti i ragazzi premiandoli con una standing ovation durata più di cinque minuti.
- Amara – Sara Colangeli
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