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14 Novembre 2019Per favore non uccidete Cenerentola
La recensione
“Per favore non uccidete Cenerentola” è una pièce interessante. Sotto forma di commedia, con toni leggeri, coperta da un velo di ilarità e ironia che non guastano mai, vengono affrontate delle tematiche importanti. Sebbene siamo in un’era in cui la libertà totale di tutto e tutti dovrebbe essere il motore pulsante della società, siamo ancora schiavi di gabbie mentali che ci portano a dover etichettare tutto.
L’essere umano è così: ha bisogno di inserire all’interno di quelle che sono “scatole” della mente, o per semplificare potremmo chiamarle etichette sociali, tutto ciò che vede e che conosce. Solo così riesce a sentirsi “al sicuro” – da cosa poi ancora non è ben chiaro.
La denuncia arriva da una classe 1994, un giovane studente di economia che prende carta e penna e mette nero su bianco una storia particolare, a tratti intensa, che ha moltissimo potenziale ma va valorizzata molto di più. Riccardo Mazzocchi, l’autore fresco della vittoria del concorso “una commedia per autore” edizione 2018, arriva al Teatro Dé Servi con un cast d’eccellenza. Ludovico Fremont è Glauco, un uomo che convive da sempre con un dualismo interiore, distrutto dalla perdita del suo amore Teresa, travagliato da un segreto che non ha il coraggio di tirare fuori se non proprio con le due persone più importanti della sua vita: Teresa e Leonardo, il suo migliore amico. Come se non bastasse, a coronare questo groviglio di problematiche ci si mettono anche i due figli Anna e Michele (Susanna Laurenti e Enrico Torzillo), liceali in procinto di lasciare il nido casalingo verso il mondo esterno.
Così in una camera da letto, vengono snocciolati ricordi e aneddoti di una vita coniugale, familiare e amichevole, con riferimenti all’infanzia e ad una Cenerentola che vuole uscire fuori, ma che è sempre stata sedata per il bigottismo sociale. Una situazione che spesso parte dalle mura familiari d’infanzia e vengono portate nelle sfere sociali sempre più grandi (scuola, lavoro, mondo). Sebastiano Colla è Leonardo, il miglior amico dai tempi della scuola, colui che ti accompagna in quella che è la vita, ti offre una spalla nelle difficoltà, ti dice le cose in faccia, fa da zio ai piccoli pargoli e ti vuole bene in silenzio. Così tanto in segretezza che sembra quasi condividere la stessa situazione di Glauco, ma a differenza sua non ha il coraggio di dirla a voce alta. Valeria Monetti è Teresa, la moglie sbarazzina, bella, intelligente, divertente. Colei che abilmente riesce a coniugare le figure di madre, moglie, amica e lavoratrice. Valeria Monetti, l’attrice che tiene vivo il ritmo sul palcoscenico, altrimenti troppo monocorda e sempre sullo stesso piano.
Durante la festa scolastica emerge tutto. Esplode il bisogno di dover tirare fuori quello che si ha dentro e di dover essere visti anche da chi ci sta intorno, nello stesso modo di come ci vediamo noi. Si rompono gli schemi, si infrangono le routine ma soprattutto le immagini di chi ci ha sempre visto in un certo modo. È proprio qui che viene evidenziato ancora di più il rifiuto della micro sfera societaria al quale apparteniamo tutti. È lì che il protagonista si rifiuta di rimanere ancorato a quell’etichetta appioppato e sente il bisogno di dire la verità, ma soprattutto di tirare fuori quello che per troppo tempo si è portato dentro.
Per favore non uccidete Cenerentola è una storia molto interessante, ma che deve crescere di ritmo nel primo atto, di valore nel secondo, magari da una scena effetto ancora più d’impatto. Il linguaggio è nuovo, la commedia aiuta a veicolare quelle tematiche che ancora si fanno fatica a digerire, la storia è bella. Ma deve aumentare la potenza perché ha un grande margine di miglioramento. Il monologo finale di Fremont è bello e necessario per lasciare impresso il messaggio finale, ma è anche quella cosa che ti aspetti, forse un pò troppo vista. Ingegnoso l’utilizzo di un vestito da sposa bianco, quello che di norma simboleggia la purezza e l’inizio di una nuova vita, il simbolo che veicola meglio e arricchisce di significato il discorso finale: la libertà.