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3 Maggio 2025Il Primo Maggio: festa del lavoro, non per tutti
La festa dei lavoratori non è una giornata che tutti si possono permettere di festeggiare. Chi lavora oggi e quali progressi stiamo facendo?
Il Primo Maggio è la festa dei lavoratori. MA! Non tutti possono permettersi di godere di questa giornata di festa. Non tutti hanno le stesse possibilità, gli stessi diritti e godono degli stessi benefici. In molti oggi lavorano in silenzio e non sono indispensabili come invece coloro che devono garantire i servizi essenziali.
La festa dei lavoratori è una tradizione internazionale che nasce negli Stati Uniti a seguito di manifestazioni, anche sanguinolente, per ottenere diritti migliori per i lavoratori. Le lotte sindacali si sono spalmate a macchia d’olio in tutti i continenti. Sindacalisti e lavoratori sono sempre stati fianco a fianco per salvaguardare la figura del lavoratore dipendente. Fino a qualche anno fa. Non sarebbe una cattiva idea fare un’analisi dal crollo dell’ex art.18 e dalla nascita del Jobs Act tanto caro a Renzi fino ad oggi, ma ci limitiamo a capire come si stanno evolvendo le cose in questo settore nella nostra amata Italia negli ultimi cinque anni.
Leggi la storia della nascita del 1^Maggio
Il mercato del lavoro italiano: cosa è successo dal 2020 al 2025?
Dal 2020 il mercato del lavoro è cambiato radicalmente. Il periodo storico non era certo dei migliori, il mondo viveva in una bolla pandemica dove tutto si era congelato. Tutti dovevamo stare in casa, tutte le attività venivano svolte da remoto e non c’era possibilità di interazione sociale. Dal punto di vista del lavoro quello fu un anno di grande incertezza e di sospensione:
- Le assunzioni sono scese del 31%;
- Il decreto legge bloccava i licenziamenti;
- i contratti cessati diminuivano del 20%
Appena il governo ha dato la possibilità di riaprire le attività e di tornare lentamente e timidamente ad una vita professionale più ordinaria, parliamo quindi del 2021-2022, lì dove doveva avvenire una vera e propria ripartenza, in realtà c’è stato un crollo fisiologico. Come è stato tolto il blocco dei licenziamenti si è registrato il più grande tasso di licenziamenti economici +162% – i dati sono raccolti in questa statistica economica del 2022 redatta da Il sole24h – e un aumento delle dimissioni volontarie che segnano il +35% nel primo trimestre del 2022. Parallelamente, le assunzioni sono ripartite, toccando quota 1.865.000 solo nei primi tre mesi del 2022.
Bisogna aspettare il biennio 2023-2024 per vedere una reale stabilizzazione del mercato del lavoro e una lenta e graduale crescita degli stipendi. Infatti questo biennio è caratterizzato da:
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assunzioni nel quarto trimestre 2023 aumentate del 3,3% su base annua.
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cessazioni che registrano il +4,1%, legate a contratti brevi.
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licenziamenti che si riducono del 4,1%.
Parallelamente, gli stipendi cominciano a crescere. Nel 2023 si registra un dato fisso del +5.4% e nel 2024 si stabilizza al +3.5% che, se si ragiona considerando l’inflazione al 1.1%, si arriva a un reale +2.4% del potere di acquisto. Questi aumenti però non riguardano tutte le categorie di lavoratori dipendenti, ma sono state distribuite per la maggior parte all’amministrazione pubblica e divise tra:
- Quadri: +5,1%
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Impiegati: +5,2%
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Industria: +4,6%
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Servizi privati: +3,4%
Dimissioni volontarie: perché sempre più italiani lasciano il lavoro?
Un altro fenomeno da non sottovalutare, emerso con forza dal 2021 in poi, è l’aumento delle dimissioni volontarie. Nel solo primo trimestre del 2022, oltre 500.000 lavoratori hanno lasciato spontaneamente il proprio impiego. Un trend che non si è fermato nemmeno nel biennio successivo, coinvolgendo soprattutto under 35, donne, professionisti del digitale e profili tecnici.
La vera domanda è perché in tutto il mondo, il movimento infatti è noto come “Great Resignation” esploso in USA e esportato in Europa, le persone si dimettono dal proprio lavoro? Cosa è successo dopo la pandemia? Non si tratta solamente di insoddisfazione economica, ma lo stop imposto dal covid, ha permesso alle persone di riflettere e di rimettere al centro se stessi. Le dimissioni volontarie sono un mix dei seguenti fattori:
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Ricerca di equilibrio vita-lavoro: la pandemia ha messo in discussione il mito della produttività a tutti i costi.
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Volontà di lavorare da remoto o in modalità ibrida: molti si dimettono perché le aziende non offrono flessibilità.
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Stanchezza da burnout: ritmi insostenibili, carichi emotivi e mancanza di riconoscimento portano all’esaurimento.
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Ricerca di senso: dopo il Covid, molti vogliono un lavoro che abbia un impatto, che sia coerente con i propri valori.
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Opportunità di carriera altrove: il mercato è più fluido, e la domanda di profili qualificati resta alta.
Questo movimento sociale ci porta a una riflessione molto più importante del semplice “cambio lavoro”. Ci porta ad comprendere come il mondo del lavoro stia cambiando. Quali sono le necessità dei lavoratori dipendenti, che cercano si uno stipendio ma durante la ricerca di un impiego, l’attenzione viene rivolta a tre fattori: benessere, flessibilità e rispetto. Esattamente come succede all’estero, il potere di cambiare lavoro oggi è in mano al dipendente, che matura la consapevolezza di non essere ingabbiato da un contratto di lavoro, ma che piò scegliere indipendentemente. Per le aziende, il messaggio è chiaro: chi non investe in ascolto, formazione e benessere organizzativo, rischia di perdere i suoi talenti migliori.
Diritti dei lavoratori e sostenibilità: un binomio per il futuro
Nel contesto attuale, la sostenibilità non riguarda solo l’ambiente, ma si estende anche al mondo del lavoro. Il concetto di “lavoro sostenibile” implica la promozione di condizioni lavorative dignitose, sicure e inclusive, che rispettino i diritti fondamentali dei lavoratori e contribuiscano al benessere sociale ed economico a lungo termine.
In Italia, il “Manifesto per un diritto del lavoro sostenibile“, redatto da esperti come Bruno Caruso, Riccardo Del Punta e Tiziano Treu, sottolinea l’importanza di riformare il diritto del lavoro per affrontare le sfide contemporanee, estendendo la tutela dei lavoratori oltre il tradizionale ambito del lavoro subordinato e considerando le tre dimensioni della sostenibilità: economica, sociale e ambientale.
A livello internazionale, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) promuove l’obiettivo di “lavoro dignitoso” nell’ambito dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che mira a garantire a tutti i lavoratori condizioni di lavoro sicure, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso a opportunità di sviluppo professionale.
Incorporare la sostenibilità nei diritti dei lavoratori significa anche adottare pratiche aziendali responsabili, come la rendicontazione delle condizioni di lavoro e l’adozione di politiche che promuovano l’equità, la diversità e l’inclusione. Questi elementi sono essenziali per costruire un futuro del lavoro che sia equo, resiliente e sostenibile per tutti.
Quindi, il Primo Maggio è una celebrazione o una riflessione?
Mentre in molti partecipano a cortei, concerti o semplicemente si godono un giorno di riposo, è importante non dimenticare chi lavora (ristorazione e turismo, sanità, trasporti e logistica, commercio, sicurezza e forze dell’ordine, mondo dello spettacolo) e cosa significhi davvero la parola “lavoro” oggi. Il 1° maggio resta una data simbolica che richiama alla memoria le battaglie per i diritti e la dignità del lavoro. Ma guardando ai dati degli ultimi anni e alle condizioni attuali, è evidente che non tutti possono godere di questa festa. Il lavoro si è evoluto, ma la precarietà e le diseguaglianze restano. In conclusione, dal 2020 a oggi, i dati ci parlano di:
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Stipendi in ripresa, ma ancora sotto la media UE
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Contratti brevi, instabilità, turni nei festivi
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Dimissioni volontarie come segnale di ricerca di benessere e dignità
Perciò possiamo dire che il 1° maggio non è solo festa, ma è soprattutto una lente d’ingrandimento sulle disuguaglianze ancora presenti nel mondo del lavoro.